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HomeRassegna Stampa8 e 9 giugno 2025 REFERENDUM

Oggi è Domenica 04 Maggio 2025

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8 e 9 giugno 2025 REFERENDUM

8e9Giu2025 REFERENDUM Intestaz3

 

Referendum 2025 cosa, quando si vota e perché

Domenica       8 giugno dalle ore 7 alle ore 23

Lunedì            9 giugno dalle ore 7 alle ore 15

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8e9Giu2025 REFERENDUM italianoAllEstero 

VOTO PER CORRISPONDENZA DEI CITTADINI ITALIANI RESIDENTI ALL’ESTERO E OPZIONE PER IL VOTO IN ITALIA
entro il 10 aprile prossimo

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8e9Giu2025 REFERENDUM moduloFuoriSede

gli elettori che - per motivi di studio, lavoro o cure mediche - si trovino in un comune di una provincia diversa da quella del comune di iscrizione elettorale per un periodo di almeno tre mesi nel quale ricade la data delle consultazioni referendarie, possono votare nel comune di temporaneo domicilio. Lo prevede l'articolo 2 del decreto-legge n.27/2025, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, Serie generale, n.65 del 19 marzo 2025, che ne disciplina in via sperimentale le modalità.
(https://www.interno.gov.it/it/notizie/referendum-2025-ed-elettori-fuori-sede-modalita-voto-nel-comune-temporaneo-domicilio)

Per poter esercitare il voto fuori sede, gli interessati, i cosiddetti elettori fuori sede, devono presentare domanda al comune di temporaneo domicilio utilizzando preferibilmente il modello disponibile online 
La domanda di ammissione al voto fuori sede deve essere presentata
entro il 4 maggio prossimo

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 QUESITI

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Abrogazione «Contratto di lavoro a tutele crescenti - Disciplina dei licenziamenti illegittimi»
1° QUESITO:
«Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?»


STOP AI LICENZIAMENTI ILLEGITTIMI

Si chiede l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti del Jobs Act. Nelle imprese con più di 15 dipendenti, le lavoratrici e i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo. Sono oltre 3 milioni e 500mila ad oggi e aumenteranno nei prossimi anni le lavoratrici e i lavoratori penalizzati da una legge che impedisce il reintegro anche nel caso in cui la/il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto.

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Abrogazione parziale
«Piccole imprese - Licenziamenti e relativa indennità: »
2° QUESITO:
«Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità


PIÙ TUTELE PER LE LAVORATRICI E I LAVORATORI DELLE PICCOLE IMPRESE

Riguarda la cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese. In quelle con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora una/un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto. Questa è una condizione che tiene le/i dipendenti delle piccole imprese (circa 3 milioni e 700mila) in uno stato di forte soggezione. Obiettivo è innalzare le tutele di chi lavora, cancellando il limite massimo di sei mensilità all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato affinché sia la/il giudice a determinare il giusto risarcimento senza alcun limite.

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«Abrogazione parziale
di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi»
3° QUESITO:
«Volete voi l’abrogazione dell’articolo 19 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b bis)”; comma 1 -bis , limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “,in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente»


RIDUZIONE DEL LAVORO PRECARIO

Punta all’eliminazione di alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine per ridurre la piaga del precariato. In Italia circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. Rendiamo il lavoro più stabile. Ripristiniamo l’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a tempo determinato.

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Abrogazione
«Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell'appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici»
4° QUESITO:
«Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009 n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.»


PIÙ SICUREZZA SUL LAVORO

interviene in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Arrivano fino a 500mila, in Italia, le denunce annuali di infortunio sul lavoro. Quasi 1000 i morti, che vuol dire che in Italia ogni giorno tre lavoratrici o lavoratori muoiono sul lavoro. Modifichiamo le norme attuali, che impediscono in caso di infortunio negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Cambiamo le leggi che favoriscono il ricorso ad appaltatori privi di solidità finanziaria, spesso non in regola con le norme antinfortunistiche. Abrogare le norme in essere ed estendere la responsabilità dell’imprenditore committente significa garantire maggiore sicurezza sul lavoro.

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«Cittadinanza italiana: Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana»
5° QUESITO:
«Volete voi abrogare l'articolo 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”?»


PIÙ INTEGRAZIONE CON LA CITTADINANZA ITALIANA

propone di dimezzare da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana, ripristinando un requisito introdotto nel 1865 e rimasto invariato fino al 1992. Nel dettaglio si va a modificare l’articolo 9 della legge n. 91/1992 con cui si è innalzato il termine di soggiorno legale ininterrotto in Italia ai fini della presentazione della domanda di concessione della cittadinanza da parte dei maggiorenni.

Il referendum sulla Cittadinanza Italiana non va a modificare gli altri requisiti richiesti per ottenere la cittadinanza quali: la conoscenza della lingua italiana, il possesso negli ultimi anni di un consistente reddito, l’incensuratezza penale, l’ottemperanza agli obblighi tributari, l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica. Questa modifica costituisce una conquista decisiva per circa 2 milioni e 500mila cittadine e cittadini di origine straniera che nel nostro Paese nascono, crescono, abitano, studiano e lavorano. Allineiamo l’Italia ai maggiori Paesi Europei, che hanno già compreso come promuovere diritti, tutele e opportunità garantisca ricchezza e crescita per l’intero Paese.

 

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