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CHIESA DI SAN MARTINO - Malnate


Chiesa S Martino 1

 

La chiesa di san Martino, il cui primo nucleo risale al Medioevo, originariamente era orientata con l'abside ad est e l'entrata ad ovest e si affacciava su una piccola piazza, al di là della quale si stendeva la vigna del parroco; nella parte posteriore, dietro l'abside, si alzava il campanile, molto simile ad una torre.

Le notizie più antiche della chiesa si attingono dai documenti che risalgono alle due visite di san Carlo Borromeo (1574-1584): superata la porta centrale (posta sulla facciata che chiudeva la chiesa all'estremità ovest dell'attuale navata centrale), sormontata da una trifora, si entrava in un'unica aula rettangolare che terminava, al di là di un ampio arco, con una cappella quadrata in cui era inserito l'altare ligneo, ai lati del quale si aprivano due piccole porte che mettevano in comunicazione a sinistra con la sagrestia e a destra con il campanile; il battistero si trovava più o meno al centro della parete settentrionale, la parete sud era interrotta da due finestre e da una piccola porta.

Subito san Carlo ha dato ordine, come era solito fare nella sua diocesi quando si riteneva insoddisfatto dello stato degli edifici sacri, che venissero attuati lavori di ristrutturazione e di manutenzione:

 

 

costruzione del soffitto, collocazione del crocifisso ligneo sull'arco di accesso all'abside, apertura di tre finestre sulle due pareti longitudinali, costruzione di una cappella per il battistero subito dopo l'entrata a sinistra, nel rispetto della tradizione cattolica,
persino la sostituzione dell'acqua santa torbida con acqua limpida e la pulizia delle pareti.

Gli ordini che richiedevano una spesa minima sono stati rispettati in tempi brevi, invece, solo dopo le sollecitazioni del successore di san Carlo, Federico Borromeo,
si è proceduto alla realizzazione dei lavori che necessitavano di un maggiore impegno economico.
Nella seconda metà del XVII sec. (dal 1664 al 1700 circa), la crescita demografica ha imposto l'ampliamento della chiesa e, per disposizione della 
fabbriceria (che si occupava dell'amministrazione della chiesa), dopo aver abbattuto i muri perimetrali, sono state aggiunte prima la navata a settentrione con tre cappelle, oltre a quella del battistero e, a distanza di qualche anno, la navata meridionale con altre tre cappelle,
destinate alla celebrazione delle messe nei giorni feriali; le navate laterali erano separate da quella centrale da colonne sormontate da archi.
La trifora della facciata è stata murata e in corrispondenza di questa, internamente, su un balcone, è stato posto un organo.
Il cardinale Pozzobonelli, in occasione della sua visita del 1755, si è dichiarato soddisfatto della chiesa di san Martino, limitandosi a dare solo qualche piccola disposizione. Nel 1819 il vecchio altare ligneo è stato sostituito con un altro
rilevato da una chiesa sconsacrata di Como, infatti,

in seguito alla soppressione di diverse parrocchie nel periodo napoleonico, erano stati messi in vendita i beni di molte chiese, compreso quell'altare che pareva, per le sue dimensioni, realizzato proprio per l'abside di Malnate.
Nei primi decenni del Novecento, ancora in seguito ad un considerevole aumento della popolazione, la chiesa si rivelava incapace di accogliere la folla dei fedeli, pertanto si doveva decidere se costruire un nuovo edificio più rispondente alle esigenze della popolazione o ampliare in modo definitivo quello vecchio, senza interrompere il legame con la chiesa del passato: si è deliberato l'ampliamento, che è avvenuto nell'arco di un anno (gennaio-dicembre 1912), su un progetto del parroco di Vergiate, don Locatelli, così la chiesa ha assunto la struttura attuale.
Sono stati costruiti a ovest il transetto e il presbiterio con la cupola, è stata abbattuta l'antica facciata con lo smantellamento dell'organo settecentesco, è stato collocato nella sua nuova sede l'altare maggiore, con un completo rovesciamento dell'orientamento della chiesa.
Negli anni successivi i lavori interni sono stati completati e l'edificio è stato abbellito con dipinti e stucchi.
Per circa quindici anni la chiesa è rimasta senza una facciata e l'ingresso era posto sulla parete meridionale, in corrispondenza della piccola cappella, sede, per un certo periodo, del battistero.
Dopo la prima guerra mondiale, tra il 1924 e il 1927, con l'abbattimento della vecchia sagrestia e del vecchio altare e con la costruzione della nuova facciata, si potevano considerare conclusi i lavori di ampliamento

 


Chiesa S Martino 2

 



Nell'antistante piazzale, il vecchio campanile, davanti alla nuova facciata, era visto come un intruso, senza tener conto che proprio intorno a quella torre avevano preso avvio sia la vita religiosa che quella civile del paese; la sua posizione anomala poteva essere considerata un elemento originale e caratterizzante e non semplicemente antiestetica e di intralcio.

Dopo la seconda guerra mondiale e con l'arrivo del nuovo Prevosto, don Giuseppe Bosetti, si è presa la decisione di abbatterlo (1948), per costruirne un altro sul fianco sinistro della facciata e leggermente rientrante; così i Malnatesi, muniti di picconi, ignari di ciò che stavano facendo, hanno abbattuto quel prezioso campanile che ancora conservava l'originaria base romanica, turrito testimone della storia del paese da circa 10 secoli.
Nel 1956 è stato inaugurato il nuovo campanile, forse uno dei più alti della zona.



 bassorilievoCampanile

 

 

 

Nella parte più interna, là dove ha avuto inizio la nuova torre campanaria, è custodito dal 1950 un messaggio scritto da un illustre uomo di cultura, il prof. Antonio Barbieri: “Abbiatevi pertanto, o Posteri, questo sacro messaggio: Quando le campane festose faranno echeggiare le note di un canto di vita, ricordate cittadini che la vita è festa di amore!…”; sul rivestimento esterno in mattoni rossi risalta dal 1997 un pannello in bronzo, opera dello scultore malnatese Paolo Borghi, che rappresenta la scena del gesto di amore di san Martino, sullo sfondo di un paesaggio roccioso dominato, in lontananza, dal ponte di Malnate.
Nella nuova torre campanaria, quindi, pulsa la linfa vitale della cultura del presente.

 




croceBianca

Varcata la soglia, a destra, sulla parete interna della facciata, una piccola targa in marmo commesso, di forma quadrata, costituisce forse l'elemento più antico della chiesa parrocchiale: sul fondo nero risalta una croce bianca, tra i cui bracci si leggono le seguenti iniziali P. S. A.M. P.
Come interpretare queste lettere?
A.M., quasi sicuramente, stanno per Archiepiscopus Mediolani, quindi la targa potrebbe fare riferimento alla visita di un arcivescovo di Milano del Medioevo, e l'unico arcivescovo di quel periodo con le iniziali P.S. è stato Pietro Secondo Filargo; la P. finale in una targa normalmente indica la parola Posuit, quindi la targa potrebbe essere letta così “ Pietro Secondo Arcivescovo di Milano Pose”. Pietro Filargo di Candia era stato voluto da Gian Galeazzo Visconti come arcivescovo di Milano nel 1402, poi, in occasione dello scisma d'Occidente, è stato eletto Papa con il nome di Alessandro V.
Nel suo ruolo di arcivescovo, spesso in viaggio, è stato poco presente nella diocesi di Milano, pertanto risulta dubbia la sua visita a Malnate per la consacrazione della chiesa.
Tenendo fermi i significati delle lettere A.M. P., la P. iniziale potrebbe essere quella del nome di un vescovo collaboratore e la S. starebbe appunto per ‘Suffraganeo', pertanto le iniziali potrebbero essere lette così: “ P… Suffraganeo dell'Arcivescovo di Milano Pose”.
Si tratta soltanto di ipotesi, probabilmente è stato redatto un documento in occasione della Consacrazione, per ora non se ne ha traccia, si pensa anche che possa essere custodito nel muro, al di là della targa

 

 Lungo la navata di destra si aprono le cappelle di sant'Antonio, della Madonna del Rosario e di santa Rita.


s AntodioDaPadovaMadonna del rosario Santa Rita

palaCappella1misteri rosario1
misteri rosario2misteri rosario3

Interessante per la sua tecnica esecutiva è la statua seicentesca di sant'Antonio da Padova, realizzata in mattoni e stucco direttamente sul posto da un abile plasticatore lombardo nella seconda metà del Seicento. Il recente restauro ha restituito l'integrità dell'opera, manomessa nel secolo scorso, quando le nudità del Bambino sono state coperte con una veste in tela gessata.

Lateralmente alla statua, sulle pareti vi sono immagini che rappresentano due momenti della vita del santo e l'altare è ancora quello posto nella cappella nel 1664.


La statua della Madonna del Rosario (foto) è databile tra il 1670 e il 1675 e può essere attribuita alla bottega di Bernardino Castelli. Il simulacro ha subito diversi restauri: nel 1905 il Bambino, irrimediabilmente danneggiato, è stato sostituito e gli abiti della Madonna sono stati dipinti con i colori rosso e blu; il successivo restauro, quello del 1941, ha sovrapposto il bianco e il blu ai precedenti colori dell'abito della Vergine; il più recente intervento del 2005 ha recuperato i colori del 1905.

La devozione nei confronti di questa Madonna era molto forte presso la popolazione, infatti la gente le si rivolgeva per chiedere grazie e intercessione dopo la morte, come dimostrano atti testamentari in cui è espressa la volontà di lasciare beni alla chiesa, come in un documento del 1730: “Ho ordinato che si facciano celebrare quaranta messe alla Beatissima Vergine Maria del Santissimo Rosario costruito nella chiesa parrocchiale di Malnate, ogni anno in perpetuo …”.


Sulle pareti della cappella vi sono dipinti di santi, datati 1909 e firmati Moroni: a sinistra sant'Ambrogio e san Domenico, a destra san Carlo e santa Rosa da Lima(?).
I santi Domenico e Rosa, nella tradizione cattolica, sono ricordati come diffusori del culto del Rosario.

Nella cupoletta sono visibili le immagini di san Pietro, san Paolo, san Luigi Gonzaga e sant'Agnese


Sotto l'arco di accesso alla cappella vi è una serie di quadretti in cui sono rappresentati i quattordici misteri del Rosario (l'Annunciazione, la Visita a santa Elisabetta, la Flagellazione, la Nascita di Gesù, la Presentazione al tempio, …).
Queste immagini su tela, per le loro caratteristiche, potrebbero essere attribuite al pittore Stefano Maria Legnani, detto il Legnanino.
Di questi, l'Annunciazione e l'Orazione nell'orto sono stati rubati e in seguito sostituiti con copie. 

 


S Rita

 

La cappella di santa Rita un tempo era dedicata a sant'Orsola, alla quale i Malnatesi erano particolarmente devoti anche per la presenza in paese di monache Orsoline.
Queste donne, non sposate, conducevano la loro vita di religiose nelle proprie case; nei registri parrocchiali ci sono molti atti di morte di queste monache, per il cui funerale era prevista la partecipazione di molti sacerdoti. Il culto di sant'Orsola si è affievolito a partire dalla metà dell'Ottocento e la dedicazione a santa Rita è stata fatta nel Novecento.
Dell'antico altare è rimasta la parte alta decorata con stucchi, però più volte ridipinti, pertanto buona del modellato originale si è persa.
La parete inferiore è stata sostituita con un cassone di granito, poco in armonia con la parte sovrastante.



antico Battistero


grande affresco

fonte battesimale













Alla fine della navata laterale destra si trova la piccola cappella dell'antico battistero, costruita in seguito alle indicazioni di san Carlo. Nel centro vi è il fonte battesimale che, quasi sicuramente, un tempo poggiava su un piano più basso rispetto al pavimento circostante, quindi per accostarsi si scendeva un gradino, richiamando con questo gesto l'azione dell'immersione nella vasca per essere purificati, come era nella tradizione.
















La cappella è abbellita da un grande affresco del 1670 circa che, anche se di fattura popolare, colpisce lo sguardo dell'osservatore: Il Battesimo di Gesù.
La piccola finestra, aperta nel Novecento, ha danneggiato la parte centrale del dipinto, privandolo dell'immagine del Padre Eterno benedicente.
Sulla parete sinistra del battistero una porticina, con la scritta SACRARIUM, nasconde una piccola vasca con uno scarico in cui veniva eliminato ciò che di sacro non poteva essere più utilizzato per la messa (ostie, vino,…).


Il battistero è rimasto nella posizione canonica, a sinistra dell'entrata, dal 1600 agli inizi del 1900, poi, in seguito alla costruzione della nuova facciata insieme al Sacrario, è stato spostato nella prima piccola cappella, ora vuota, a sinistra dell'attuale entrata e lì è rimasto per circa ottanta anni.






Testimoniano la presenza del fonte battesimale, sul pavimento, una pietra color porfido, che ne era la base, e il gradino a scendere, sulla parte superiore della parete sud, una vetrata con l'immagine di Gesù che riceve il battesimo da san Giovanni.
L'antica cappella con il suo affresco, nascosta agli sguardi dei fedeli e trasformata in un ripostiglio, ha ritrovato nel 1997 la sua dignità, con un'attenta opera di restauro eseguita dai restauratori Davide Zorza e Danilo Carelli, e la sua funzione, infatti lì è ritornato il battistero, anche se la sua posizione, a destra e alla fine della navata, risulta “canonicamente anomala".


S ANNA

Cappella S Francesco


Procedendo lungo la navata meridionale si susseguono le cappelle di san Francesco,
di
 sant'Anna e di san Giuseppe.







Nella cappella di sant'Anna un grande quadro rappresenta sant'Anna e il marito Gioacchino, genitori della Madonna, mentre dialogano con la bambina e le trasmettono i primi insegnamenti religiosi.
I Malnatesi si rivolgevano a sant'Anna come protettrice della famiglia e della maternità
Il bel dipinto ad olio è stato realizzato nel 1845 da Mauro Conconi (1815-1860), pittore milanese che ha mantenuto stretti rapporti con Malnate, paese d'origine del padre.
L'altare risale al 1700, come quello della Madonna del Rosario; entrambi però hanno subito delle modifiche con l'inserimento di marmi detti “macchia vecchia” provenienti dalla zona di Viggiù, Saltrio e Arzo.











Per la realizzazione della cappella di san Francesco ha dato forse un grosso contributo l'antica famiglia Oddoni di Rovera, come testimonia un atto testamentario redatto nel 1687 da Francesco Oddoni che, ormai vicino alla morte, ha disposto, per raccomandarsi alla misericordia di Dio, un intervento nella cappella dedicata a san Francesco, dando precise disposizioni, così registrate dal notaio: "Voglio, ordino e comando che i miei eredi facciano fare un pallio per l'altare di san Francesco che si sta costruendo nella chiesa parrocchiale di san Martino….si metta la pietra sacra sopra quell'altare; si mettano due candelabri e una lampada di ottone, la predella davanti all'altare……si porti e si consegni a questo altare il crocifisso che è qui sul tavolo di me testatore…".

Il dipinto con l'immagine del santo, posto sopra il seicentesco altare, è un'opera interessante del Seicento che potrebbe essere attribuita alla scuola del Morazzone.

Questa tela, danneggiata da una bruciatura di fiamma di candela rovesciatasi sul quadro, è stata recuperata con un lavoro di restauro.

Sulla parete destra è rappresentato il santo con il lupo, sulla parete sinistra con gli uccelli

La figura del santo domina l'intero quadro, passando gradualmente dalle tonalità più scure della parte inferiore a quelle più chiare della parte superiore, in un movimento quasi elicoidale verso l'alto, accentuato dalle linee curve del corpo avvolto dal saio marrone; le pieghe della veste segnano la posizione della gamba sinistra inginocchiata su una roccia, mentre la gamba destra, leggermente piegata, scivola lateralmente al sasso ed il piede nudo si appoggia con la punta delle dita sul terreno completamente buio.

 

Anche il cordone, che con doppio giro cinge i fianchi di san Francesco, scende morbidamente lungo la veste e si appoggia inarcandosi sul suolo; un rosario di legno è appeso sul fianco destro e a fatica si distingue dalla veste dello stesso colore.
Il busto, appena spinto all'indietro, fuoriesce dall'oscurità che caratterizza tutta la parte inferiore del quadro e le braccia aperte, occupando in orizzontale l'intera larghezza del quadro, accentuano il movimento della figura ed esaltano il senso dello spazio.
Il cappuccio del saio avvolge morbidamente il collo del santo ed il viso, illuminato dalla luce proveniente dall'alto, su uno sfondo caldo che gioca sulle tonalità del giallo e dell'arancione, appare in tutta la sua intensa espressività: gli occhi rovesciati verso l'alto e completamente illuminati, gli zigomi accentuati dal gioco delle ombre, il mento affilato segnato da una barba corta e poco folta, le labbra ben disegnate conferiscono al volto una capacità comunicativa intensa.
Dall'immagine emerge la spiritualità di Francesco che si offre a Dio e pare di leggere nel suo sguardo e nelle sue mani aperte, segnate dalle stigmate, la frase di una delle sue semplici ma intense preghiere “ O Signore, fa' di me uno strumento della tua Pace…”.
In alto, nell'angolo a destra, nel cielo pervaso di luce, appaiono le teste di due angeli che si guardano; nell'angolo opposto, in basso a sinistra, nell'area oscura, un francescano, ritratto di profilo, inginocchiato ai piedi del santo, legge una preghiera sulle pagine di un libro.
Francesco, con le sue braccia spalancate, in posizione centrale, appare il tramite tra la terra e il Cielo, e ritornano alla mente ancora le parole della preghiera “…Dove sono le tenebre, ch'io porti la Luce”.


Chiesa di san Martino 

Ciascuna navata laterale è separata da quella centrale da cinque archi, dei quali due più piccoli alle estremità, sorretti da colonne; tra le vele degli archi, nella navata centrale, si affacciano immagini degli Evangelisti e di quattro Dottori della Chiesa, realizzati dal pittore Baldassarre Verazzi nel 1843, arricchite nel 1932 da elementi decorativi dipinti da Riccardo Borghi.
La parte descritta è la più antica, quella che conserva alcuni elementi dell'edificio cinquecentesco, ovvero il prezioso soffitto, i due muri laterali di raccordo tra il soffitto e gli archi della navata centrale, dove appena si intravedono, nell'intonaco rosa, i segni delle antiche finestre fatte aprire da san Carlo e poi richiuse, l'arco trionfale sopra il portone, la parete interna all'attuale facciata.
Percorsa tutta la navata, si accede alla parte novecentesca della chiesa
.

Al centro del transetto, sull'ampio soffitto a tazza, ricco di decorazioni, risaltano i dipinti (opera di Luigi Valtorta) che rappresentano le quattro virtù cardinali (Fortezza, Temperanza, Prudenza e Giustizia) e le parole dell'Ave Maria che si rincorrono lungo il cornicione di congiunzione tra la tazza e le pareti.
Alle estremità dei bracci del transetto si trovano a sinistra un altare con un grande Crocifisso (dono dei fratelli Ermoli), sopra il quale si apre l'ampia vetrata con l'immagine di Cristo in croce; a destra un altare con una scultura del Sacro Cruore, sopra il quale vi è, simmetrica alla precedente, la grande vetrata con l'immagine della Resurrezione di Cristo.
Le pareti laterali del transetto, nella parte superiore, sono abbellite da affreschi di Riccardo Borghi realizzati negli anni Cinquanta: a sinistra Cristo nell'orto degli ulivi e Cristo dinnanzi a Ponzio Pilato, a destra l'Assunzione della Vergine e la Discesa dello Spirito Santo.

In quest'ultimo dipinto, tra i dodici apostoli, compaiono due figure con lo stesso volto, perfettamente riconoscibile, quello di Padre Pio, recentemente elevato agli onori degli altari e già visto nella sua santità dal pittore Riccardo Borghi più di 50 anni fa.

discesaSS


crocifisso1
Sull'angolo a sinistra, tra il transetto e il presbiterio, si innalza il pulpito ligneo inaugurato nel 1920 e sull'arco è appeso il bellissimo Crocifisso del XVI-XVII secolo, recentemente restaurato dal malnatese Lorenzo Pini: una croce trionfale che è sempre stata sotto l'arco dell'altare maggiore, sia quando questo era posizionato a est sia quando è stato spostato a ovest.
In occasione del restauro si è deciso di non riportare alla luce il colore livido originario del corpo di Cristo, ma di mantenere la policromia ottocentesca.

Dalla relazione finale dell'intervento di restauro eseguito da Lorenzo Pietro Pini sulla scultura lignea policroma Cristo Crocifisso con Angeli:
“Al termine dei lavori di restauro del Crocifisso con angeli della chiesa di san Martino, è stato possibile trarre una serie di conclusioni riguardanti la vita dell'opera.
Il suo valore artistico è senza dubbio dato dalla pregevole fattura, dalla gradevole realizzazione dell'intaglio, dalle tecniche e dai materiali utilizzati, in particolare nella realizzazione del Cristo.
È difficile far risalire la datazione del gruppo scultoreo ad un arco di anni ben definito.
Due potrebbero essere le ipotesi: la prima collocherebbe l'opera alla fine del Cinquecento, quando fu dato ordine da san Carlo Borromeo, nella sua prima visita pastorale avvenuta nel 1574, di collocare un Crocifisso ligneo al di sopra dell'arco absidale; la seconda nei primi anni del Seicento, datazione rilevabile da una semplice analisi stilistica e della materia.


Qualora il gruppo scultoreo fosse attribuito al periodo cinquecentesco, si dovrebbe escludere la sua realizzazione nel nostro territorio, spostando le sue origini in Italia centrale dove le correnti artistiche e stilistiche precorrevano i tempi.
Siamo in grado, comunque, a conclusione del restauro, di elencare quanti e quali siano stati gli interventi effettuati in passato e legati alla sua manutenzione, spesso collegati ad una serie di opere eseguite all'interno della chiesa.
Il primo risalirebbe agli inizi dell'Ottocento, quando, nel quarantuno, venne sostituito l'altare maggiore e risistemata la copertura del tetto.

In quell'epoca la policromia degli angeli risultava molto danneggiata, con una grossa crettatura dovuta all'asciugatura a temperatura elevata del pigmento ad olio utilizzato. Vennero, quindi, ridipinte le due figure, utilizzando la medesima tecnica, ad esclusione delle dorature dei panneggi, che non furono toccate dall'intervento. La rifinitura minuziosa e particolareggiata utilizzata sulle figure degli angeli si contrapponeva a quella di Cristo, che nel 1907, in concomitanza col restauro della scultura della Madonna del Rosario, venne probabilmente ripresa. 
Pur essendo stata utilizzata, anche in questo intervento, la pittura ad olio, risulta evidente l'utilizzo dei primi colori a produzione industriale, presentando la superficie un colore abbastanza omogeneo nelle sue tonalità.
L'ultimo intervento, prima di giungere ai giorni nostri, risale al 1915-20 circa, quando, in seguito all'ampliamento della chiesa, il crocifisso fu spostato dal luogo in cui ora è posizionato il portone d'ingresso alla base dell'intradosso della nuova cupola.
L'intervento fu mirato alla riadesione dei pezzi pericolanti, come gli arti degli angeli, ma anche alla messa in sicurezza del Cristo, mediante l'inserimento nella schiena di un ferro portante, che scaricasse il peso dell'opera dalle mani e dai piedi al baricentro nella schiena.
Furono ritoccate le parti riparate, riverniciate con la porporina le dorature e fu steso uno strato protettivo di vernice trasparente.
Di notevole interesse è stato il rilevamento, durante le ultime fasi di restauro, della chiusura della ferita del costato posta nel lato destro e ridecorata, in quell'occasione, in quello sinistro, pur restando inspiegabile la ragione di questo intervento, data l'assenza dal punto di vista iconografico di altri esempi di questo genere.
La figura del Cristo, realizzata a tutto tondo, è ricavata da un unico blocco ligneo, scavato all'interno del dorso e chiuso sul retro da una tavoletta modellata, che comprende tutto il corpo, ad esclusione delle braccia, assemblate mediante incastro.
Gli angeli, realizzati sempre a tutto tondo, sono invece ricavati dall'unione di un numero non identificabile di pezzi di legno.
L'intaglio dell'opera è preciso e levigato tanto da richiedere un solo leggero strato di preparazione costituito da gesso, ad eccezione dei capelli del Cristo rifiniti grossolanamente.
Per quanto riguarda la figura del Cristo, lo strato policromo originale si presenta di color bluastro, rifinito con una velatura trasparente dal tono caldo; l'impressione che se ne ricava è di un aspetto livido, del tutto simile a quello di un corpo morto. La policromia degli angeli è, invece, caratterizzata da toni bianco rosati.
Sulle parti dorate si rileva l'utilizzo di una foglia d'oro di notevole spessore.
Nel momento in cui è stato abbassato, il gruppo scultoreo, oltre ad un diffuso impoverimento della superficie e ad un'ossidazione della vernice stesa nei precedenti restauri, presentava un forte attacco di insetti xilofagi, non attivo.
Questa problematica ha determinato l'indebolimento di alcune parti, soprattutto in corrispondenza dei panneggi, delle ali e degli arti, fino a portare, in alcune zone, allo sgretolamento del materiale. Questo si è verificato, in particolar modo, nelle figure degli angeli, mentre, per quanto riguarda il Cristo, ne hanno risentito solo le dita delle mani.
Mediante la realizzazione di una serie di tasselli stratigrafici, è stato possibile stabilire quale fosse la successione delle ridipinture e degli interventi subiti dall'opera.
Al di sotto della verniciatura e dei ritocchi localizzati, si trovano le due ridipinture: ottocentesca per gli angeli e novecentesca per il Cristo, al di sotto di queste la policromia originale prima descritta.
A causa del “forte” colore livido originale, in accordo con la Soprintendenza si è optato per la conservazione della policromia intermedia.
Durante la pulitura, sono stati, quindi, asportati i ritocchi e le verniciature novecentesche, mediante l'utilizzo di acetone per tutte le parti ad esclusione delle dorature, dove è stato usato dello sverniciatore, sempre neutralizzato con acetone, per l'asportazione della porporina.
Sono state, poi, consolidate le parti decoese con colla forte, in particolar modo le ali degli angeli, fortemente attaccate da insetti xilofagi.
Si è proceduto alla ricostruzione delle parti mancanti mediante l'utilizzo di araldite, resina bicompente, dall'effetto e dalle caratteristiche simili al legno, ad eccezione delle tensioni di struttura dello stesso.
Sono state ricostruite le dita delle mani del Cristo, una mano e parti del panneggio e le ali degli angeli.
Con lo stesso materiale è stata completamente ricostruita un'ala mancate di un angelo.
Il modello è stato realizzato utilizzando quella dell'altro putto, attraverso l'esecuzione di un calco di gomma siliconica. Per il risarcimento delle lacune del nimbo è stato utilizzato, invece, del legno di balsa.
Dopo aver effettuato la disinfestazione del supporto mediante opportuni biocidi, sono state eseguite le stuccature con gesso e colla; su indicazioni della Soprintendenza si è proceduto, con lo stesso materiale, alla chiusura di tutti i fori provocati dai tarli.
È seguita, successivamente, la fase di integrazione pittorica, eseguita con la tecnica della selezione cromatica, utilizzando colori ad acquerello e, per quanto riguarda le dorature, da oro in pastiglia.

Il viso allungato di Cristo, scavato dalla sofferenza, è leggermente reclinato verso la spalla destra; le palpebre, abbassate sotto gli archi sopraciliari ben delineati, imprimono un'espressione malinconica che non stimola né compassione né angoscia, bensì condivisione e affetto.
Le labbra socchiuse, circondate dai baffi e da una fitta barba, che sotto il mento si apre in due punte, rendono ancor più comunicativa l'immagine.
Se la fronte e il petto non fossero segnati da fitte gocce di sangue, quel volto potrebbe essere quello di un uomo assorto in pensieri immensi e profondi: non è un viso sconfitto dalla crudeltà e dalla morte.
La corona, irta di aculei, cinge le tempie e la fronte, i capelli castani ondulati e morbidi scendono sul lato sinistro e si spingono al di là della spalla, lasciando scoperto l'orecchio.
La pelle, tesa e pallida, evidenzia le linee della gabbia toracica, in espansione nello sforzo dell'ultimo respiro.
Le braccia, allargate verso l'alto, manifestano nei fasci muscolari e nelle vene ben marcate, la fatica e il dolore del corpo appeso alla croce.
Le mani, trafitte da chiodi, hanno il pollice, l'indice e il medio distesi e le altre due dita chiuse verso il palmo sanguinante, come se volessero ricordare il mistero della Trinità.

 


Angelo AltareMagg


Superati i due gradini, si giunge all'altare maggiore, dove sono poste le sculture lignee cinquecentesche di due Angeli; molto probabilmente le sculture erano parte integrante dell'antico altare ligneo.

Secondo la liturgia tradizionale, sul primo di questi gradini coloro che sono sull'altare non dovrebbero inginocchiarsi, infatti il colore nero del marmo rimarca il passaggio tra ciò che sta in basso e ciò che è in alto, il confine tra l'umano e il sacro.
Ai lati dell'altare ottocentesco, nella parte superiore, due grandi dipinti, posti uno di fronte all'altro, rappresentano l'Ultima Cena e la Consegna delle chiavi a san Pietro; il catino absidale è abbellito da immagini delle tre virtù teologali (Fede, Speranza e Carità), realizzate dal pittore Luigi Valtorta nel 1923.

 S Paolo Crocifisso1530


Di fianco all'altare, una porta immette nella cappella di San Paolo,
 realizzata nel 1990 per volontà dei coniugi Pietro e Flora Malnati, in ricordo del figlio Paolo, morto prematuramente.


All'interno, sulla parete a sinistra, in posizione frontale rispetto all'altare, vi è un affresco, la Crocifissione (1530-1540), attribuito alla sfera artistica di Bernardino Luini (intorno al 1480-90, Milano; prima del 1532),


 MartirioS Stefano annunciazione
sulla parete ovest un affresco del XVII secolo rappresenta il Martirio di Santo Stefano, sulla parete opposta vi è un'immagine dell'Annunciazione che potrebbe risalire al XV secolo.
Tutte e tre le opere non sono state eseguite per la chiesa di Malnate, ma provengono dalla zona di Como.
Lungo le pareti vi sono immagini della Via Crucis: Limoges del 1886.  

La chiesa di san Martino unisce quindi l'antico al contemporaneo, e chissà quante opere, quanti oggetti, apparentemente di scarso significato, accatastati in angoli bui e polverosi, potrebbero, con un'attenta ricerca, raccontarci qualcosa in più della storia e dell'arte del passato, come per esempio è accaduto con il ritrovamento della splendida placchetta argentea della pace del Cinquecento.
Questo semplice oggetto, scoperto quasi per caso, ricorda l'antico rito dello scambio del segno di pace durante la santa Messa, che consisteva nel baciare questa placchetta e nel passarla al vicino.
Esiste un oggetto simile nella chiesa di san Fedele a Milano. 

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